Le ghiandole salivari ed i calcoli
Cosa sono?
Le ghiandole salivari sono: la Parotide, la Sottomandibolare, la Sottolinguale, le ghiandole Salivari Minori (localizzate nella mucosa interna della bocca e delle labbra).
La parotide è localizzata a livello della guancia e il suo dotto escretore (dotto di Stenone) è visibile in corrispondenza del secondo molare superiore, bilateralmente. Produce saliva di tipo sieroso.
La sottomandibolare (dotto di Wharton) e la sottolinguale si trovano nel collo e nel pavimento orale ed il dotto escretore è visibile come una piccola escrescenza vicino al frenulo linguale. Producono saliva di tipo misto con componente principalmente mucosa.
La saliva è ricca di sali minerali e di enzimi utili per la digestione e per la lubrificazione del tubo digerente. Quando i sali minerali precipitano e cristallizzano formano delle concrezioni (calcolo) che possono ostruire la fuoriuscita della saliva dalla ghiandola. I calcoli sono costituiti spesso da sali di calcio (carbonato di calcio, fosfato di calcio –idrossiapatite) o da acido urico e possono fermarsi nel contesto della ghiandola o nei dotti escretori. Sono più frequenti nella sottomandibolare (80%) per il tipo di composizione della saliva e per la posizione della ghiandola stessa, che obbliga il tortuoso dotto escretore e la saliva ad un percorso declive. Fra le cause più frequenti ci sono le prolungate condizioni di scarsa igiene del cavo orale, con ristagno di cibo, e la disidratazione.
Come si formano?
Il meccanismo che determina la formazione dei calcoli salivari è ancora controverso. All’origine sembrerebbe esser presente un nucleo formato da muco ispessito o da cellule del dotto, sul quale si depositano progressivamente sali minerali precipitati dalla saliva. Spesso in questi casi la saliva ha variato la sua composizione chimica per ripetute infiammazioni della ghiandola, e presenta una minore quota di acqua (per lo stato di disidratazione del paziente). Si formano così dei sassolini che, a seconda delle dimensioni, possono migrare e fuoriuscire spontaneamente dal dotto escretore oppure incunearsi nei dotti secondari o, più frequentemente, nei dotti principali.
Possono essere fattori predisponenti le scialoadeniti ricorrenti, le malformazioni dell’albero duttale, o una predisposizione individuale.
Come si manifestano?
Si manifestano con una sintomatologia ad insorgenza improvvisa caratterizzata da ingrossamento e indurimento della ghiandola e violenti dolori (colica salivare), spesso in corrispondenza dei pasti con cibi sapidi, acidi o piccanti o al pensiero, o alla vista, di cibi particolarmente appetibili che determinino un’abbondante produzione di saliva. Nella maggior parte dei casi la sintomatologia tende a regredire, seppur parzialmente, lontano dai pasti. Può associarsi bocca secca
Possono verificarsi complicanze?
Frequenti sono le complicanze infiammatorie ed infettive della ghiandola (scialo adenite batterica), a cui può associarsi febbre e recidive di calcolosi.
Cosa fare?
La diagnosi è clinica e strumentale. Ad avvalorare il sospetto di calcolosi dalla visita specialistica, intervengono utili accertamenti radiologici quali la ortopantomografia (radiografia “panoramica” della parte inferiore del volto e della mandibola), l’ecografia mirata, RM anche associata all’uso di mezzo di contrasto nel dotto (Sialo-RM), la scialografia, sialo-scintigrafia. E’ possibile inoltre esplorare il dotto escretore delle ghiandole salivari maggiori tramite una sonda (scialo endoscopio) che valuta le condizioni del dotto, la presenza del calcolo e le sue dimensioni. Con tale metodica, in casi selezionati, è possibile inoltre asportare il calcolo.
Quali sono le terapie?
Le terapie possono variare a seconda dello stato generale del paziente e della situazione locale (dimensione e posizione del calcolo nella ghiandola, infiammazione o infezione della ghiandola, numero di recidive, condizioni del parenchima ghiandolare- atrofia, infiammazione, fibrosi- ecc).
Terapia medica: antibiotici, cortisone, idratazione, dieta, massaggi della ghiandola.
Litotripsia extracorporea: agisce in maniera analoga a quella eseguita per la frantumazione dei calcoli renali. Può essere eseguita con due sistemi: il sistema piezoelettrico “Piezolith” o il sistema elettromagnetico “Minilith”. La tecnica prevede il “bombardamento” con 1000-5000 onde d’urto per sessione, sotto controllo ecografico. Sono necessarie in genere 3 sedute precedute da premedicazione con antibiotici, e controlli ecografici ripetuti; è più efficace per calcoli con diametro maggiore ai 7mm. Permette la frammentazione del calcolo che può essere così espulso spontaneamente o con lavaggi intraduttali, o con tecnica endoscopica.
Litotripsia intracorporea: anche in questo caso lo scopo è quello di frammentare i calcoli più grandi (in genere maggiori di 1 cm), ma è comunque una metodica ancora poco usata, che si avvale dell’uso di sonde molto piccole da introdurre nel dotto sotto guida endoscopica. Esistono tre tecniche: elettroidraulica, pneumoballistica, laser. Quella con maggiori vantaggi in termini di costi, qualità di frammentazione e di minori danni collaterali ai tessuti circostanti, è quella con laser ad Erbium eseguita in anesesia locale.
Terapia chirurgica: dilatazione dell’orificio duttale che possa agevolare un’espulsione spontanea, asportazione del calcolo dal condotto (con tecnica chirurgica aperta o con basket in endoscopia) o asportazione dell’intera ghiandola nei casi più gravi.